martedì 30 luglio 2013

Nella giungla delle case editrici (parte prima)

In fondo mi diverto. Esplorare il mondo delle case editrici, o sedicenti tali, assicuro, è un’esperienza non da poco. Ci sono delle certezze:
-          tutti scrivono di tutto e le case editrici sono sommerse quotidianamente da manoscritti di autori sconosciuti, ognuno con il suo piccolo o grande sogno nel cassetto. Quindi ci troviamo sperdute in una folla
-          c’è la crisi, con tutte le conseguenze del caso (inutile ribadirle)
-           anche le case editrici, vere o false,  sono centinaia. Alla faccia della crisi
-          occorre tenere occhi e orecchie ben aperti per non cadere nella trappola di chi vuole solamente spillare soldi.
A proposito dell’ultimo punto, a volte non è difficile capire che ci troviamo di fronte ad una “in-cassa editrice”. Ad esempio sono stata contattata da uno pseudo editore che ha esordito con tono entusiastico facendo un sacco di complimenti sul lavoro che gli abbiamo inviato, passando poi al tono mesto di chi deve spiegare che ahimè la situazione congiunturale obbliga a chiedere agli autori con contributo per la stampa del libro, smascherandosi apertamente quando dopo alcune mie domande mi ha fatto capire che la documentazione che gli avevo inviato non era stata minimamente letta, per finire con una gaffe sulle cartelle editoriali (in pratica non sapeva cosa fossero). Beh, almeno è stato chiaro!
Ci sono però anche le “in-cassa editrici” più subdole che hanno messo a punto una strategia ben pianificata per far cadere nella rete gli autori speranzosi. Qui capire bene la situazione diventa un po’ più difficile. Meno male che c’è internet dove si possono trovare aiuti, consigli e soprattutto commenti di chi ci è già passato, prendendo sempre tutto con le pinze perché anche nel mondo degli internauti c’è di tutto e di più.
Insomma una bella esperienza che mi sta trasformando in detective alla ricerca di una casa editrice degna di questo nome alla quale possa interessare il nostro lavoro. 
Emoticon smile.svg Patrizia

lunedì 22 luglio 2013

Il perdono

Quando veniamo feriti da una persona che amiamo ci chiediamo quale sia la cosa migliore da fare: perdonare o chiudere definitivamente la porta? Non è facile fare una scelta, ci sono persone che non si rendono neanche conto del male che ci fanno e anche facendoglielo notare  non comprendo il nostro stato o la ragione della nostra sofferenza, perché per loro quello che stanno facendo è normale e giusto.
A volte ritengo che perdonare sia un’ottima scelta, in fondo tutti sbagliano, a chi non è mai capitato di ferire una persona che ama?! Non lo si fa di certo intenzionalmente, ma può succedere. 
Perdonare però significa anche dare un’altra possibilità di essere feriti e quando il dolore è talmente forte da anestetizzare ogni sentimento, allora solo una cosa rimane da fare, chiudere. E non perché non si ami più quella persona, ma perché la sofferenza è troppa per andare avanti. Semplicemente capita che si è troppo diversi per fare un percorso insieme, senza colpe né responsabilità.
Penso spesso a mio padre: per quanto io lo amassi trovava sempre il modo di ferirmi, certo sicuramente non se ne rendeva neanche conto, però succedeva. Quando non ce l’ho fatta più a sopportare oltre, ho dovuto proteggermi per sopravvivere. Ho perdonato, ma stando a debita distanza.
Io sono una persona che perdona, non amo serbare rancore o restare arrabbiata, ma, quando la situazione lo richiede, sono costretta ad allontanarmi dalle persone che mi feriscono.
Ultimamente mi capita spesso di discutere con una mia carissima amica che ritengo parte della mia famiglia, incomprensioni che mi feriscono nel profondo e che mi spingono quotidianamente ad allontanarmi da lei. Le parlo, le dico quello che provo e come mi sento e sembra capire e chiedermi scusa, ma poi fa comunque quello che vuole. Spesso mi fermo a pensare e a chiedermi se sono io che sbaglio, ma l'amicizia come l'amore è un fiore delicato che va nutrito  e curato da entrambe le parti, altrimenti diventa secco e muore e una volta che è morto purtroppo non si torna indietro.
Ecco perché bisogna prendersene cura finché c'è.
Forse quando succede è perché uno dei due non ha più la volontà di farlo.


                                                                                                                        Sara

martedì 16 luglio 2013

In realtà ho paura

Irrequietezza è la parola che più mi si addice ultimamente, provo un turbine di emozioni, non sempre piacevoli.
Cerco di trovare la calma con ogni mezzo, ma in questi ultimi tempi è difficile, la mia mente viaggia a mille, alla memoria mi vengono parole dette che feriscono e cose fatte che non finiscono di convincermi, spesso lascio perdere perché non puoi obbligare nessuno a essere sincero se non vuole esserlo, ma non sono né stupida né tanto meno sprovveduta, mi faccio forza tenendo stretto il mio piano B.
Le persone sono strane, ti portano in cima al mondo alla stessa velocità con cui ti fanno precipitare in basso.
Eterna sognatrice e carica di pensieri positivi, decido di non chiudermi in me stessa, anche se ultimamente ne avrei tanta voglia, vorrei perdermi nei miei pensieri e nei miei ricordi belli, vorrei partire per terre lontane e misteriose, ma per quanto veloce si possa andare non è possibile fuggire da se stessi, dalle proprie paure e dai fantasmi, quindi rimango.
Affronto il mondo a testa alta mentre sistemo sul mio viso una bella maschera con un sorriso per nascondere le mie lacrime, per proteggere le mie fragilità, per celare al mondo che dentro mi sento morire. Va tutto bene, va sempre bene e, quando non è così, fingo.
Voglio svegliarmi!!!
Poi mi fermo e mi accorgo che questo incubo è la realtà e che forse non è poi cosi male.
Ho tante persone che mi amano, che mi aiutano ad alzarmi quando inciampo e sono troppo stanca per farlo da sola, che mi asciugano le lacrime quando per pochi istanti tolgo la maschera.
Forse quello che non sanno è che sono più fragile di quello che sembro e che non ho ancora imparato a chiedere aiuto quando sto male dentro, ho solo imparato a soffocare il mio dolore, i miei dubbi e le mie insicurezze.
Forse per questo ho sviluppato il dono di vedere e comprendere  le fragilità degli altri e tendo una mano dove mi sia possibile.
La verità è che ho paura... sono così vicino alla meta che temo che sia solo un’illusione.
Non posso essere io quella donna fortunata che trova un uomo eccezionale che vuole condividere la sua vita con lei, che ha un fratello che si fa in quattro per darle tutto quello che è necessario, che ha una madre che ha abbandonato il mondo esterno per aiutarla e starle vicino, che ha delle persone meravigliose che sono presenti nonostante le difficoltà che la situazione richiede.
Ecco perché vale la pena andare avanti e sorridere anche se mi sembra che il mondo mi prenda a calci. Perché per quanto io faccia fatica a crederci, questa volta quella donna fortunata sono io!
                                                                            Sara


lunedì 8 luglio 2013

L'albero... della vita


L'altro giorni avevo difficoltà a stare da sola con me stessa, mi sentivo agitata, sentivo tornare tutte le mie paure. Più cercavo di scacciarle e più si facevano prepotenti e pressanti.
Tranne rare occasioni, in cui lo sconforto prende il sopravvento, cerco sempre di reagire e farmi forza. Allora ho preso un foglio e una matita e mi sono messa a disegnare la prima cosa che mi è venuta in mente. Ho disegnato un maestoso albero piene di foglie, sane e vitali come io stessa punto ad essere e sono stata subito invasa da un senso di pace e di tranquillità. A volte un gesto semplice e considerato da molti banale e infantile ha il potere di aiutarti a  ristabilire o a trovare  un po’ di equilibrio interiore.
Mi piace disegnare e giocare con i colori, anche la mia vita prende tono come un grande e luminoso arcobaleno.
Fino a qualche anno fa mi vergognavo a confessarlo, dovrei essere una donna non più una bambina… o sei un artista e sai disegnare bene o lascia giocare chi ha l'età per farlo. Poi ho capito che se si vuole essere felici non bisogna mai mandare a dormire il bambino che c'è dentro di noi, l'adulta e la fanciulla possono e devono coesistere.
Per superare i momenti brutti o irrequieti mi distraggo come meglio posso, cerco di trovare la pace dentro di me dando spazio a quello che mi fa stare bene, stare con le persone che amo, fare un puzzle (che mi procurerò appena le finanze me lo permetteranno), cucinare (ormai molto raramente), scrivere o disegnare (certo sempre con i miei limiti).
Mi manca il lato creativo che faceva quotidianamente parte della mia vita, anche e soprattutto nel lavoro che avevo scelto, la parrucchiera, mi aiutava a vivere più serenamente  le emozioni che avevo dentro, i malumori e le paure.
La vita è preziosa, spesso non ce ne rendiamo conto, veniamo assorbiti così profondamente dal lavoro e dalla vita frenetica che ci circonda che ci dimentichiamo di vivere veramente, di vivere accanto alle persone che amiamo, dimentichiamo quali sono i veri valori, la vita è fatta di attimi che non torneranno mai più. A volte le persone se ne vanno senza un preavviso e solo lì capiamo che forse avremmo potuto fare di quell'ultimo giorno un giorno speciale, perché allora aspettare?
Se mi dovessero dire che ho solo un giorno da vivere non vorrei andare da nessuna parte, non vorrei mangiare niente di particolare, né comprare oggetti da sempre desiderati, l'unica cosa che vorrei è stare con le persone che amo perché sono loro l'unico bene prezioso che ho.
                     Sara

lunedì 1 luglio 2013

Vivo in una sala d'attesa


I problemi cominciano a tornare; davanti alla mia camera hanno asfaltato la strada e il mio vicino sta preparandosi a dipingere il balcone. Mi sento ogni giorno di più scivolare in un oblio infinito.
Inoltre mi sembra di trascorrere la mia vita in una grande sala d'aspetto, in attesa di qualcosa o qualcuno.
Aspetto che mi facciano da mangiare, la spesa, che mi telefonino (quando lo faccio io sbaglio sempre i momenti) oppure che mi mandino un messaggino, per la serie sì, siamo molto impegnati, per noi altri la vita va avanti ma comunque ho trovato il tempo per pensarti e scriverti, o ancora meglio che mi vengano a trovare.
Devo sempre aspettare gli altri per fare qualsiasi cosa.La mia vita è ferma in una sala d'attesa, solo che non so bene che cosa sto aspettando.
Quando sto male tendo a perdere la realtà delle cose, un piccolo sassolino diventa un grosso, enorme macigno e vorrei  solo vicino a me le persone che amo. Purtroppo non sempre questo è possibile per impegni come dire inderogabili. Io sono arrivata a pensare che sono ormai talmente abituati a vedermi stare male che non ci fanno più caso, a volte riesco a non soffrire più per questa cosa, altre invece ometto di dire che sto male così ho la scusa che non lo sapevano.
Vorrei solo per un giorno prendere una pausa dal mio corpo e da questa malattia che troppe volte prende il sopravvento sulla mia vita.
Una volta ero forte, ero pronta ad affrontare il mondo con le unghie e con i denti, ora non mi riconosco più: ho paura di fare qualsiasi cosa, ho paura perfino di toccare una persona senza guanti, ho il terrore di aprire una finestra.
Ma la cosa peggiore è mangiare. Ormai mi sveglio con l'ansia di mangiare perché in questi ultimi tre giorni tutte le volte che lo faccio succede qualcosa, o mi prude la pelle, o la gola tende a gonfiarsi mentre tutta la bocca interna pizzica e diventa rossa oppure, come stasera, mi formicolano la guancia e la gola e mi prude la pelle, il tutto accompagnato da un fortissimo mal di testa.
Già non è il massimo della vita mangiare da soli, ma farlo quando si hanno questi problemi è terribile.
Credo che un giorno deciderò semplicemente di smettere di mangiare.
La cosa peggiore della paura di mangiare è però la fame.
Marco è sempre al mio fianco e cerca di non farmi mancare niente ma è molto preso per il lavoro tanto che a volte passano giorni senza vederlo e sentendolo pochissimo.
Ammetto che in questo momento il mio umore non è dei migliori, non è che vedo tutto nero ma mi sento un po’ sola. Penso sia comprensibile
                                                                     Sara