martedì 30 ottobre 2012

Una bella storia

“Ora mi sento un po’ più uguale agli altri. Anch’io posso indossare un paio di occhiali da sole.” E’ il commento di Sara alla fine di questa bella storia.
Chi ci segue dall’inizio sa che avevamo ipotizzato di intitolare il nostro libro “La ragazza con gli occhiali di legno”, il perché l’avevamo spiegato nel post del 21 maggio scorso.
Ebbene, a seguito di quella pubblicazione, Giulia, un’amica che ci segue da vicino, mi aveva inviato il link di Valerio Cometti designer per la Feb31st, società che ha prodotto una linea di eleganti occhiali da sole realizzati in legno e rifiniti con prodotti del tutto naturali.
Mi è venuto spontaneo scrivergli una mail invitandolo a leggere il nostro blog.
Dopo qualche settimana mi ha risposto annunciandomi che aveva seguito il mio invito e ne aveva parlato con tutto lo staff della Feb31st. Insieme avevano deciso di offrire in omaggio a Sara un paio dei loro occhiali. Nel contempo mi avevano mandato il catalogo dal quale Sara scelse questo modello. Sono seguite altre mail (a volte commoventi, ma i dettagli di questa storia faranno parte del nostro libro) fino alla consegna sabato scorso da parte di Stefano Sarti Cipriani, uno dei soci di FEB31st, di questo paio di occhiali.
“Guarda, li tocco e non mi si arrossano neanche le mani – ha dichiarato Sara – Sono fantastici.”
E se anche sono stati consegnati in una grigia e piovosa giornata autunnale, tutti sanno che dopo la pioggia torna sempre il sereno... In tutti i sensi.

Un enorme grazie da parte mia e di Sara alla Feb31th che, a pieno diritto, è stata inserita nel gruppo dei nostri “amici in internet”.
Patrizia

martedì 23 ottobre 2012

A finestra (internet) chiusa


In questi giorni non sto proprio bene, si sono ancor gonfiati i linfonodi e fatico a mangiare. Inoltre sto tribolando per avere la connessione a internet. Ho cambiato gestore per sottoscrivere un contratto più favorevole economicamente, ma per un disguido loro i tempi si sono allungati. Nulla è valso per far capire a questi che per me internet è la finestra sul mondo. Non solo, non potendo usare il cellulare, è per me fondamentale avere la possibilità di comunicare con il telefono fisso che ovviamente è scollegato (per questi problemi tecnici chi volesse comunicare con me dovrà aspettare qualche giorno).
E sto tribolando anche per avere il servizio a domicilio per l'analisi del sangue. In pratica nessuno si prende la briga di venire a farmi il prelievo per paura che ci siano complicazioni. Solo ventilando l'idea che avremmo potuto rivolgerci ai giornali per rendere pubblica la situazione, abbiamo avuto la promessa che avrebbero fatto il possibile per mandarmi un'infermiera a casa.
Tutto questo lo vivo con sofferenza. Per noi malati di M. C. S. la vita nel quotidiano è già abbastanza complicata senza che ci pensino anche gli altri a complicarcela maggiormente.
Come sempre però ho avuto il sostegno e l'aiuto di mia mamma e di mio fratello.
Alex ancora una volta si è prodigato affinché in un modo o nell'altro avessi almeno internet.
Ormai lo dico spesso che i soldi qui mancano e obbiettivamente non ce la passiamo bene sotto questo punto di vista.
A volte lo prendo in giro perché gli dico che ha il braccino corto ma in realtà ho capito che il braccino è solo nei suoi riguardi perché il suo obiettivo è quello di avere a disposizione qualche soldino per rendere felice me.
In pratica si è tolto il pane di bocca per regalarmi la mia finestra sul mondo.

SARA



lunedì 15 ottobre 2012

I sogni di Sara


M.C.S. è una piccola sigla, ma conoscerne il significato,  Sensibilità Multipla Chimica , è davvero importante.
Come si fa infatti a diagnosticare una malattia di cui non si conosce l'esistenza?
Semplice: non si può.
Ecco perché è nato questo blog, perché abbiamo messo un link di approfondimento e chiediamo a tutti quelli che ci leggono di fare un passaparola.
Allo stesso modo dico a chi è affetto da M.C.S. di non avere vergogna a usare la mascherina, ne va della vostra salute. Ricordate che la malattia non è una colpa ma una sfida da combattere insieme alle persone che vi amano.
In questi giorni la solitudine padroneggia dentro di me. So di non essere sola, sono circondata da persone che mi amano, eppure ho questa sensazione di vuoto, freddo e molta solitudine.
Accendo la tv e vedo dolore, sofferenze, cattiverie, invidia... odio, sì soprattutto quello, tanto odio: c'è odio in abbondanza per tutti.
Mi sembra tutto ingiusto, esseri umani che si condannano a vicenda, altri che si uccidono fra di loro.
San Candido
Non c'è più  rispetto per la vita e per tutto ciò che ci circonda, né tanto meno tolleranza.
La gente dovrebbe imparare ad amare e a lasciare andare il dolore che in molti casi alimenta l'odio che è dentro di loro.
Spengo la tele e ormai presa dallo sconforto mi rifugio nei miei pensieri.
Ci vorrebbe un buon libro e un bicchiere di brandy per risollevare l'umore: adoro assaporarne l'aroma mentre giro il bicchiere fra le dita. Ma, dato che ho dovuto rinunciare ai libri già da un paio d’anni per l'odore di petrolio  che emanano ed escludo di poter toccare l'alcol, decido per un dvd.
Da persona adulta, come mi ritengo, e non volendomi  contraddire scelgo uno tra i miei film preferiti, Rapunzel.
Probabilmente non tutti lo conoscono, è un film della Disney e racconta di una giovane donna, rinchiusa in una torre da una perfida matrigna che vuole sfruttare il potere dei suoi bellissimi capelli magici che posseggono la fonte dell'eterna giovinezza. Lei ha un sogno: quello di uscire dalla torre e vedere le luci fluttuanti che appaiono misteriosamente in cielo.
Non posso non sorridere nel guardarlo e il mio buon umore non tarda a tornare.
Poi mi rendo conto che quello che sto vedendo è la storia della mia vita, solo che la mia torre è la mia camera, la mia perfida matrigna si chiama M.C.S., i miei capelli magici sono la mia eterna voglia di farcela e il mio sogno è sconfiggere la matrigna. Forse è per questo che sono innamorata di Rapunzel, voglio anch'io il mio lieto fine e vivere al di fuori dalla torre.
Il messaggio che leggo in questo film è di credere e rincorrere i propri sogni. Forse i problemi che abbiamo sono dovuti al fatto che molti si concentrano sul distruggere i sogni degli altri invece di rincorrere i propri.
A costo di sembrare una goccia nel mare, farò sempre del mio meglio per rendere questo mondo migliore e per sostituire l’odio con l’amore.
                                                          Sara
(nella foto S. Candido il mio sogno )

martedì 9 ottobre 2012

Il coraggio di dire quello che pensiamo


Abbiamo veramente il coraggio di dire quello che pensiamo o spesso rinunciamo a farlo per il giudizio degli altri?
Questa è la domanda che continuo a pormi da un paio di giorni.
Io per prima non saprei cosa rispondere.
Forse non dovremmo badare a quello che pensano gli altri di noi ma è inevitabile che a volte ci tocca fino a ferirci, come quando mi sento dire che sono ingrassata perché mangio, quando in realtà consumo due patate una volta al giorno e passo la maggior parte del tempo sdraiata o seduta perché mi mancano le forze per fare qualsiasi cosa.
Va bene lo stesso, perché mi rendo conto che non comprendono fino in fondo la mia malattia.
Ma allora mi chiedo: perché parlare e giudicare prima di informarsi? Forse perché è più semplice condannare.
Ho imparato a non dare giudizi, cerco di capire le persone e il perché di certi atteggiamenti e quando non ci riesco vado oltre. Alla fine non è un mio problema: quello che uno dice o pensa non deve a tutti i costi fare parte della mia esistenza.
Bisognerebbe avere il coraggio di vivere la propria vita senza cercare l'approvazione di tutti.
Io ho deciso di farlo, o almeno ci provo, e questa energia mi è stata data da un grande uomo, che con immensa dignità e forza di volontà è andato avanti sul suo cammino a dispetto di tutto e tutti. Parlo del professor Giuseppe Genovesi, il medico che mi ha in cura e che, nonostante tutte le difficoltà che incontra, continua a studiare la Sensibilità Multipla Chimica, una malattia divenuta scomoda per la società, confusa spesso come malattia psichiatrica, nonostante gli studi abbiano dimostrato il contrario.
Concludo ringraziando i giornalisti Dario Collio, fondatore della Gazzetta della Martesana, e Gianfranco Baccinelli, che sulla Gazzetta dell'Adda dell’8 ottobre mi hanno voluto dedicare un’intera pagina.

                                             Sara 

lunedì 1 ottobre 2012

Come si vive con l'M.C.S.


Vi è mai capitato di fermarvi un attimo e fare il punto della situazione ?
A me in questi due anni è capitato spesso.
Molte cose sono cambiate, per non dire tutto.
In questi giorni mi capita di non dormire di notte, ritrovandomi così a recuperare durante il giorno.
Oggi sono stata svegliata, nel tardo pomeriggio, da un gruppo di persone che rideva per strada. All'inizio ho provato una sensazione di gioia e ho condiviso con loro una risata silenziosa, ma subito dopo sono caduta in uno stato di tristezza e sconforto: avrei tanto voluto essere come loro e ridere spensierata per strada come facevo anch'io non molto tempo fa con i miei amici.
Non sai mai cosa ti riserva il futuro.
Sai solo che l'unica cosa che devi fare è andare avanti, sempre e comunque, con gli strumenti che la vita decide di darti.
Questa malattia non solo ha cambiato le mie abitudini e il mio modo di vivere, ma anche quello delle persone che mi stanno vicino.
Mia mamma ha smesso di truccarsi, di farsi la tinta, di usare profumi, schiume, lacche, senza contare la difficoltà che riscontra quotidianamente nel pulire casa e nel togliere le macchie più resistenti dai vestiti.
Ha perfino dovuto smettere di usare alcune creme che le servivano per le vene delle gambe.
Anche mio fratello Alessandro ha rinunciato a qualsiasi cosa per me, fino ad arrivare a farsi la barba con l'unico sapone di cui tollero la presenza in casa, senza peraltro tollerarne l'uso sulla mia pelle.
Questa estate è andato un paio di volte in piscina, ma si è ustionato per non aver usato nessuna crema che mi facesse stare male una volta tornato a casa.
Questi sono solo alcuni sacrifici che fanno coloro che decidono di affrontare la malattia accanto a chi ne è affetto, senza contare i malumori di questi ultimi causati dalla sofferenza e dalle costrizioni con cui sono costretti a vivere.
Per tutto questo e per molto altro sono grata alla mia famiglia, che nonostante tutto continua a sostenermi e ad aiutarmi.
Quando per la prima volta ho sentito parlare di M.C.S. mi era stata presentata come una sindrome rara.
Ne ero sollevata data la terribile patologia di cui si tratta.
Ma dopo un paio di mesi che mi era stata diagnosticata, mi resi conto che purtroppo tutto era tranne che rara.
Infatti conobbi molte persone, Giulia, Mariella, Eleonora, Chiara, Daniela, Dani, Valeria, Lucy, Paola, Giuliano,  Pasquale, Alessandra, Simona, Erika, Federica e molte altre ancora.
Abbiamo tutti in comune questa terribile malattia che troppe altre persone ignorano, rendendo ancora più difficoltosa la convivenza con il resto del mondo.
Vorrei tanto, che tutti facessero solo un piccolo passo per migliorare le cose e rendere questo mondo tollerabile anche per noi.
                                                                           Sara
(in questa foto ci siamo io e Alex nell'ultimo compleanno che ho fatto prima di ammalarmi in modo grave)