Abbiamo veramente il coraggio di dire quello che pensiamo o
spesso rinunciamo a farlo per il giudizio degli altri?
Questa è la domanda che continuo a pormi da un paio di
giorni.
Io per prima non saprei cosa rispondere.
Forse non dovremmo badare a quello che pensano gli altri di
noi ma è inevitabile che a volte ci tocca fino a ferirci, come quando mi sento
dire che sono ingrassata perché mangio, quando in realtà consumo due patate una
volta al giorno e passo la maggior parte del tempo sdraiata o seduta perché mi
mancano le forze per fare qualsiasi cosa.
Va bene lo stesso, perché mi rendo conto che non comprendono
fino in fondo la mia malattia.
Ma allora mi chiedo: perché parlare e giudicare prima di
informarsi? Forse perché è più semplice condannare.
Ho imparato a non dare giudizi, cerco di capire le persone e il
perché di certi atteggiamenti e quando non ci riesco vado oltre. Alla fine non
è un mio problema: quello che uno dice o pensa non deve a tutti i costi fare
parte della mia esistenza.
Bisognerebbe avere il coraggio di vivere la propria vita
senza cercare l'approvazione di tutti.
Io ho deciso di farlo, o almeno ci provo, e questa energia mi
è stata data da un grande uomo, che con immensa dignità e forza di volontà è
andato avanti sul suo cammino a dispetto di tutto e tutti. Parlo del professor Giuseppe
Genovesi, il medico che mi ha in cura e che, nonostante tutte le difficoltà che
incontra, continua a studiare la Sensibilità Multipla Chimica, una malattia
divenuta scomoda per la società, confusa spesso come malattia psichiatrica,
nonostante gli studi abbiano dimostrato il contrario.
Concludo
ringraziando i giornalisti Dario Collio, fondatore della Gazzetta della
Martesana, e Gianfranco Baccinelli, che sulla Gazzetta dell'Adda dell’8
ottobre mi hanno voluto dedicare un’intera pagina.
Sara
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